Un passo indietro per sopravvivere

Città fa un passo indietro. Per forza. Per sopravvivere e non tirare i remi in barca definitivamente, ho deciso di ridimensionare la foliazione. L’obiettivo di questa impresa editoriale è quella di fare dell’informazione locale in modo onesto. Senza sovvenzioni pubbliche, nè ufficiali, né occulte. Il lavoro, le domeniche trascorse ad impaginare, le nottate trascorse a fare correzioni, bozze, scrivere pezzi, montare video praticamente da volontari ci stanno. Ma non sta scritto da nessuna parte che questa piccola azienda editoriale debba rimetterci anche i costi vivi di carta ed inchiostro. Sarebbe come se la Croce Rossa (che è una azienda) chiedesse ai propri volontari di pagare la benzina delle ambulanze o che l’Avis chiedesse ai propri donatori di sostenere il costo delle sacche o dei lettini o delle attrezzature e così via. Ho imparato nella vita a fare le cose secondo le mie possibilità, usando la farina del mio sacco. Oggi la situazione è diventata molto difficile. Il bilancio economico del 2016 è stato catastrofico. Aggravato dall’acquisto della nuova macchina da stampa che ci ha permesso per qualche mese di raddoppiare la foliazione del giornale e fare un prodotto migliore. E’ innegabile. Ma molto più caro anche nella gestione. Lo scopo non è quello di produrre utile ma certamente di chiudere un bilancio in pareggio e di fare un buon prodotto giornalistico. Stiamo parlando di cifre davvero esigue rispetto a tutto quello che sta dietro. Uno sforzo che credo sia compreso da ben pochi. La situazione è aggravata anche dal fatto che alcuni inserzionisti non hanno onorato il loro contratto e non hanno pagato le loro fatture. Un buco di cassa che mi mette in difficoltà anche per il semplice versamento dell’Iva su quelle fatture non pagate, per non parlare delle tasse. Mi prendo quindi un po’ di tempo. Per cercare una soluzione a questo problema. Chi si sta fregando le mani pensando che finalmente mi levo di mezzo, e ho dei volti ben presenti nella mia mente, freni l’entusiasmo. Non chiudo. Semplicemente ridimensiono il lavoro. Continuerò ad essere la spina nel fianco di coloro che vorrebbero far tacere la voce libera de “La Città”. E’ questo il vero problema di questo giornale. Non avere amici, non essere schierati. E  d’altronde la stampa solitamente gode di sovvenzioni pubbliche per garantire la libertà di parola ed il pluralismo. Fare editoria giornalistica è diventato difficilissimo. La crisi morde ancora ed in questo momento di magra la parola d’ordine è contenere i costi per sopravvivere. Ora devo trovare un modo per raccogliere denaro e garantire la pluralità di informazione, il diritto di parola a tutti, associazioni, singoli, politici, gruppi di maggioranza ed opposizione. Perché la chiusura di questo giornale sarebbe il fallimento di questa intera comunità. Devo solo studiare un modo. E’ solo questione di tempo. Città tornerà ad essere grande. Io non demordo. Io non mi arrendo.

Roberto D’Uva

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