Storie di impresa – Dalla fabbrica ai filati la voglia di farcela

La titolare della Daniela Merceria si racconta

Daniela Sileo

Daniela Sileo

CENTRO – Le traiettorie della vita a volte sono strane e a volte capita che si lasci un lavoro di fabbrica, ripetitivo e con contenuti imposti da altri, per un lavoro autonomo, in cui si possa scegliere in base al proprio gusto ed alla propria creatività.

È questo il caso di Daniela Sileo, trofarellese da sempre, che sei anni fa ha deciso di dimettersi dalla fabbrica di fanali per moto in cui lavorava e di rilevare la merceria Bestente, presente a Trofarello dal 1941.

Ora, però, la merceria ha cambiato sede e nome.

«Sì, la sede originaria era in via Torino 82 e da due anni, quando mi sono trasferita in via Torino 24, ho deciso di personalizzare l’attività, cambiandone il nome in Daniela Merceria».

Un bel cambiamento: quanto contano la formazione e l’aggiornamento?

«Abbastanza, anche se è un cambio di lavoro improntato nella continuità delle capacità manuali, che mostro nella realizzazione di bigiotteria e di bomboniere, prodotte da me. E’ una continua formazione sul campo, informandosi, leggendo, parlando e capendo i gusti dei clienti e le mode del momento. Per gli accessori ho una buona scelta di fornitori, in parte derivati dalla precedente gestione ed in parte nuovi, che apprezzo per il gusto e la qualità dei prodotti. Per la bigiotteria ho anche seguito un corso di formazione».

Si ritiene soddisfatta di questo cambio di vita?

«Certamente sì! E’ un’attività che mi piace: è impegnativa, particolare, anche perché la scelta dei prodotti di intimo, di pelletteria, le lane ed i cotoni necessita di tempo ed attenzione».

La sua offerta è vasta?

«Sì, ho molti prodotti di tipo differente: articoli classici da merceria soprattutto, poi intimo, pigiameria, pelletteria e bigiotteria prodotta da me, a mano. Sono pezzi, unici, esclusivi. Per i servizi, poi, ho delle professioniste (sarte, maglieriste) che collaborano con me».

Con uno sguardo particolare ai prodotti artigianali.

«Sì, ci sono prodotti, soprattutto nell’intimo, di marche conosciute, anche per andare incontro alle richieste delle clienti. Ma cerco di valorizzare le eccellenze dei produttori locali: i guanti che vendo sono prodotti a mano da una ditta di Torino. La pigiameria, artigianale piemontese, è realizzata da una famiglia che produce in modo personalizzato, anche su richiesta. Persino la fettuccia è prodotta da una ditta familiare artigianale di Biella».

Il suo negozio non è grandissimo: come riesce a rispondere a tutte le richieste?

«Io sono sempre a disposizione dei clienti per soddisfare tutte le loro esigenze. Anche se chiedono dei prodotti inerenti la merceria e che qui non ho, come i tessuti, io glieli procuro, senza problemi».

È un bene avere clienti affezionati.

«Certamente, però è anche un bene girare, provare i servizi ed i prodotti di altri, in modo tale da poter scegliere avendo più informazioni. Si possono scoprire cose nuove, ad esempio che io produco bigiotteria a mano e che confeziono bomboniere. A volte queste cose si cercano a Moncalieri o a Torino semplicemente perché non si sa che c’è questa possibilità a Trofarello».

In generale, trova che le persone abbiano paura di entrare nei negozi solo per dare un’occhiata?

«Sì, anche se non sempre. Se nella vetrina la merce ha il prezzo, la cliente entra di più. Se non c’è il prezzo, a volte la cliente non osa entrare perché non osa uscire senza comprare. I miei clienti sanno che, una volta entrati, sono a casa loro e che qui trovano un rapporto che non possono avere in un supermercato. A volte le clienti entrano anche solo per fare due chiacchiere! L’attività è aperta al pubblico. Si entra, si vede, ci si fa un’idea di quello che c’è all’interno, si parla, e se poi non interessa nulla si esce, senza problemi».

Quali sono i problemi di Trofarello, al suo punto di vista?

«A Trofarello stanno chiudendo molte attività commerciali e questo non è un bene per nessuno. Anche chi resta aperto non ha dei vantaggi perché diminuisce l’attrattività dell’intero paese, e sono sempre meno le persone che, da fuori, vengono qui a comprare. Manca poi un’associazione di commercianti e questa mancanza si vede anche quando ci sono eventi come la notte bianca o l’apertura straordinaria del 7-8 dicembre: quando si è visto che non c’erano bancarelle, sarebbe stato meglio riaprire via Torino e noi avremmo lavorato tre volte tanto».

Quali gli aspetti positivi, invece?

«Sicuramente il passaparola! Moltissime persone entrano perché il mio negozio è stato presentato bene da miei clienti, e questo è un attestato di qualità che funziona meglio del biglietto da visita».

Per finire, una proposta ai trofarellesi.

«Il mio invito, in generale, è quello di provare: entrare, vedere, fare due chiacchiere, toccare con mano la qualità del servizio e dei prodotti… insomma, venite a conoscermi!»

Davide Roccati

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