Dopo 40 anni il calzolaio Michele appende le scarpe al chiodo

Michele Martucci

Michele Martucci

Un’altra istituzione se ne va. Michele Martucci, il calzolaio di via Roma, ha deciso di dire basta.
Questa volta non è la crisi che fa abbassare la saracinesca. Anzi la saracinesca non si abbasserà proprio, perché il risuolificio di pochi centimetri quadrati (è una battuta, ma è il negozio più piccolo di Trofarello, non c’è dubbio) continuerà a funzionare grazie a Stefano, apprendista di 28 anni che sta imparando l’arte da Michele.
E’ la salute che comanda. Il calzolaio ha avuto due infarti: il primo nel ’96, l’altro, che lo ha segnato di più, nel novembre dello scorso anno. Cinquant’anni di lavoro possono bastare. C’è ancora una vita da godersi.
Michele la pensione la prende già da 7 anni (preciso com’è nel ricordare le date puntualizza dal 1 luglio 2008). Rivalutata nel tempo non arriva a mille euro. Ma basterà. La vendita del negozio gli darà qualche certezza in più e si potrà togliere qualche soddisfazione.
Originario di Castelvetere sul Calore, provincia di Avellino, è arrivato a Trofarello il 20 agosto 1961 (che memoria), all’età di 9 anni, e non se n’è più andato. Si sente trofarellese a tutti gli effetti, anzi puntualizza: “Il piemontese non lo parlo perfettamente ma non mi faccio prendere in giro”.
A 11 anni è già a bottega da Salvatore Lo Verso, che vendeva scarpe e le riparava. Impara il mestiere. A 15 anni viene assunto come apprendista alla Omcet di Trofarello, officina meccanica dove “foravo dei pezzi di alluminio”. Poi va a lavorare in Fiat, senza mai tralasciare l’apprendistato come calzolaio. Finalmente ai primi di luglio del 1976 – Michele ha 24 anni – apre il negozietto di via Roma, che aveva acquistato qualche anno prima. Da un anno e mezzo era vuoto, prima c’era già un altro calzolaio, Benito Della Valle.
Quando lascerà, il 20 dicembre, mancheranno pochi mesi al raggiungimento dei 40 anni da calzolaio, ma onorerà questo traguardo perché ha assicurato assistenza a chi verrà dopo di lui.
Una vita dietro quel piccolo banco, a sostituire tacchi e risuolare scarpe, fare buchi nelle cinture e aggiustare borse e valigie. Un mestiere che gli piace, con cui “non ti fai i soldi ma che ti rende la vita agevole. Non sono mai stato senza soldi. Questa (la scorsa per chi legge, ndr) è stata la settimana più brutta dei miei 40 anni da calzolaio”.
Dice Michele che se oggi avesse tutto il lavoro che aveva quando ha iniziato guadagnerebbe anche 80 mila euro l’anno. “Allora si cambiavano anche 80 tacchi in una giornata, oggi se ne fai 20 sei fortunato”. I tempi cambiano, però “in una giornata brutta l’incasso è superiore ai 100 euro”.
Perché non c’è più tutto il lavoro di una volta? Colpa del consumismo che induce a cambiare le scarpe anziché farle riparare? Eppure la crisi dovrebbe aver indotto al risparmio. No, dice Michele, colpa dei cinesi. “Vendono scarpe che costano 13 euro, come posso farne pagare 12 per risuolarle? Lo dico al cliente, poi lui sceglie. Ma se convinco tutti non lavoro più io”.
Così a qualcuno lo fa notare che non è proprio una convenienza, ad altri… se ne possono anche accorgere da soli.
Chissà in 40 anni quanta gente è passata nel bugigattolo di via Roma. Tanta. Gente comune e qualche vip, come Maurizio Tomeo (“è venuto diverse volte, il padre mai”), gli Ottolenghi padre e  figlio.
Una vasta clientela che viene anche da fuori. “Arrivano da Settimo, Canale, Pralormo, Poirino, Pecetto”. Racconta Michele che c’è stato un periodo in cui aveva così tanti clienti di Pecetto che aveva pensato anche di aprirci una ” filiale”: avrebbe piazzato un pensionato con il compito di raccogliere scarpe da aggiustare e consegnare quelle aggiustate, lui avrebbe fatto la spola ogni sera. Poi non se ne fece nulla, gli affitti erano troppo cari.
C’è anche stato qualche cliente che ha chiesto a Michele di fargli un paio di scarpe su misura ma lui ha detto no: “Io le scarpe le riparo”.
Che cosa farà Michele Martucci dopo il 20 dicembre? Dice di non saperlo ancora. Probabilmente i primi tempi si alzerà la mattina presto per andare ad aprire il negozio, certi ritmi biologici sono difficili da modificare. Hobby non ne ha.
Il suo sogno è poter girare l’Italia, vedere posti nuovi, ma gli mancano le risorse e così “mi accontento ogni tanto di arrivare  fino ad Asti”.
Ma visto che i sogni vanno alimentati Michele ha in mente un programma per il futuro. Con il denaro della vendita del negozio acquisterà un piccolo camper, che un suo conoscente tiene fermo in garage da alcuni anni. E con quello girerà l’Italia.
Da solo? Non è detto. Michele non si è mai sposato, anzi ammette di non averci mai pensato  fino a qualche anno fa. La madre novantenne e la sorella riempivano i suoi affetti. Ora però “forse ho trovato una compagna”. Potrebbe essere un altro importante tassello della sua nuova vita.

Roberto Ponte

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