Trofarello – Molti docenti trofarellesi aderiscono allo sciopero degli scrutini proclamato da quasi tutte le sigle sindacali, come atto di protesta simbolica contro il contenuto del Decreto Legge “Buona Scuola”. Inoltre la bocciatura del decreto per dubbi di incostituzionalità in Commissione Affari Costituzionali al Senato ha rinvigorito l’opposizione. «Siamo consapevoli che questo creerà disagio ai docenti (noi compresi) e alla dirigenza; sentiamo tuttavia urgente il bisogno di manifestare il nostro profondo dissenso nei confronti dello stravolgimento della Scuola prospettato da questo disegno di legge – spiegano gli insegnanti trofarellesi – Precisiamo che lo sciopero non è contro il Dirigente Scolastico, i colleghi che non hanno aderito, gli studenti e le loro famiglie, ma contro una proposta di legge che delegittima la scuola pubblica e ne cancella i connotati costituzionali di luogo del libero confronto formativo e di strumento per l’educazione e la costruzione di pari opportunità per tutti i futuri cittadini. Lo sciopero degli scrutini nei primi due giorni delle relative attività non danneggia in alcun modo gli studenti, perché la successiva riconvocazione consente comunque la pubblicazione dei risultati entro la data stabilita. Poco importa se saremo contati “a persona” e non a scrutini bloccati. Poco importa se, nelle nostre scuole, l’utenza quasi non si accorgerà dello slittamento perché recupereremo, più o meno, nei tempi previsti. Poco importa se siamo l’unica categoria che, oltre a rimetterci denaro, deve anche recuperare lo sciopero. Quello che importa è far sapere a tutti che non è questa la riforma di cui la scuola ha bisogno. Noi insegniamo ai nostri alunni a sviluppare un pensiero autonomo, libero, a saper dissentire con garbo, a ragionare in grande anche nelle piccole cose. Non potevamo tirarci indietro di fronte ad un progetto di legge che presenta un vuoto progettuale pedagogico e didattico, perché ha l’unico scopo di tagliare fondi alla scuola pubblica per dirottarli nelle scuole paritarie, contro il dettato costituzionale. Il Decreto parla di “massicci investimenti” nella “buona scuola”, mentre per 22 volte ripete che tutto verrà fatto “senza oneri aggiuntivi”. Le scuole saranno lasciate a se stesse, chiedendo loro di diventare “imprenditrici” per autopromuoversi, di recepire fondi dal territorio, di chiedere alle famiglie contributi volontari. Il risultato è solo quello di inasprire le disuguaglianze già oggi ben visibili. Il Decreto sbandiera assunzioni, che sono invece solo turn over e atti dovuti (vedi sentenza della Corte di Giustizia Europea), non “stabilizza” nessuno, perché i contratti a tempo indeterminato saranno senza la sede di titolarità. Si verificherà una palese disparità di trattamento tra docenti e resto del pubblico impiego. Il progetto la “Buona scuola” priva i docenti della libertà di insegnamento, esponendo i più fragili a sentirsi ostaggio dei poteri forti; prevede erogazioni liberali soggette al credito d’imposta del 65%, che accrescerà il divario fra scuole di serie A e di serie B; permette ad enti privati d’influenzare la costruzione dei curricula e delle materie di insegnamento; segna la fine della contrattazione collettiva, art. 23, comma 5 che recita: “Le norme della presente legge sono inderogabili e le norme e le procedure contenute nei contratti collettivi, contrastanti con quanto previsto dalla presente legge, sono inefficaci”. Intervenire per legge su molti istituti economici, normativi e di stato giuridico, significa anche violare unilateralmente, contro ogni norma del diritto del lavoro, il contratto nazionale vigente e tutte le norme poste costituzionalmente a garanzia della funzione docente in ordine alla salvaguardia della libertà di insegnamento. Infine introduce la “chiamata diretta” degli insegnanti, violando la Costituzione; affida, insidia pericolosissima, 10 deleghe in bianco al Governo, per fare successivamente, senza discussione parlamentare, quello a cui si finge di rinunciare ora.