Don Janvier: «Aiutateci facendo missione a distanza»

CENTRO – Domenica scorsa il responsabile beninese dell’associazione Lulabù di Gigliola Sartori, don Janvier Tchato, ha fatto il suo ingresso come parroco di Manta e di Korontière. Un nuovo incarico pastorale in  due nuove comunità che nell’insieme, contano circa 21mila abitanti. Don Janvier, 41 anni, cittadino del Benin, sacerdote da 8 anni, ha frequentato teologia a Torino, dove ha conosciuto anche Gigliola Sartori, con cui ha stretto un legame di collaborazione missionario attraverso l’associazione Lulabù. Città ha incontrato don Janvier durante la sua permanenza a Valle Sauglio.
«Sono stato ordinato diacono qui a Torino, mentre ho preso i voti sacerdotali in Benin. Fino alla fine dell’estate ho retto una comunità con 15 villaggi distanti decine e decine di chilometri fra loro, con una scuola retta da quattro suore del Togo. Io ed i miei viceparroci giriamo per andare a celebrare le tre messe domenicali. Si tratta di villaggi poveri. L’attività principale degli abitanti è l’agricoltura ed un po’ di allevamento per il sostentamento familiare. Le case sono realizzate in fango e paglia. La chiesa cattolica annuncia il Vangelo e provvede, per quanto possibile, alle necessità del corpo attraverso la carità. In parrocchia abbiamo operatori incaricati di dare risposte a persone che hanno necessità di mangiare, essere ascoltati o altri bisogni. Esiste anche una sorta di servizio sociale che però spesso non riesce a rispondere ai bisogni della gente. La Chiesa prova a comunicare il Vangelo cercando di sfamare oltre che lo spirito anche i corpi. Con i mussulmani, che sono la maggioranza nei villaggi in cui lavoro, c’è un ottimo rapporto di convivenza ed una collaborazione di vita. Non esistono problemi di convivenza». Cosa può fare Trofarello e l’associazione Lulabù per le comunità in cui lavora?
«Il ponte di solidarietà è stato costruito tra la Diocesi di Natitingou e l’Italia.  Cosa possono fare Lulabù e Trofarello per la Diocesi di Natitingou? – si chiede don Janvier – Continuare a fare quello che stanno già facendo. Continuare ad essere attenti alle richieste di aiuto che provengono dalla nostra Diocesi.  Fare attenzione al grido di sofferenza e di bisogno che l’associazione Lulabù sarà in grado di comunicare di volta in volta.  Vorrei ancora ringraziare per tutto quello che è stato fatto dai trofarellesi per la nostra diocesi fino ad ora. Mi sono accorto che spesso coloro che ci aiutano sono persone che scelgono di rinunciare a qualcosa di importante per donare. Non sono persone ricche ma sono persone che fanno delle scelte di carità e che rinunciano a qualcosa a loro caro – conclude il padre missionario – Regalano qualcosa di indispensabile per un altra persona. è li che mi accorgo che non è la mano che da ma è sempre il cuore».

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