Ritorno a Mostar dopo 25 anni

CENTRO – Sono trascorsi 25 anni dal primo viaggio a Mostar di Aldo Zaza, ex volontario di Croce Rossa, che a Mostar ha intrecciato in 25 anni un fitto rapporto di amicizie. Città lo ha intervistato al ritorno del suo viaggio nella ex Jugoslavia dopo quella terribile guerra fratricida che comunque portò molti trofarellesi ad unirsi per aiutare le famiglie in difficoltà e soprattutto i suoi bambini. «Sono tornato dopo tanti anni per vedere cosa è rimasto di quel periodo per riallacciare rapporti che ho mantenuto nel tempo tramite lettera e telefono. C’è ancora molto della guerra. Ci sono ruderi. Ci sono colpi e pareti di edifici che sono rimaste come erano 25 anni fa. Ruderi che loro lasciano a testimonianza, a ricordo di quella “follia”. Al confine tra la parte Croata e Mussulmana. Alcune immagini sono stampate nella mia memoria con questi proiettili di cannone conficcati nelle facciate esterne dei palazzi. A volte non sono solo ricordi di quegli anni ma ci sono problemi economici dovuti alla carenza di denaro per ristrutturare e sistemare. Chiaro che comunque, in questi 25 anni, è cambiato moltissimo. C’è molta vita, c’è un grande sviluppo di commercio e di insediamenti urbani. La gente, nelle due fazioni, Bosniaci e Croati, convive. Sono stato a Mostar, Sarajevo e Madjugorie. Ho fatto anche da padrino ad uno di quei bambini, nel 1995, nato durante la guerra. Oggi il mio figlioccio ha 25 anni.
Ci sono ancora comunque delle divisioni. Lo si vede nella divisione della città e lo si percepisce anche nella cultura. Il ponte, anche grazie all’aiuto dell’Italia, è stato ricostruito. Questa esperienza ti lascia qualcosa. Ricordo nel periodo della guerra che era difficile fermarsi. Se ti fermavi venivi subito bloccato dalla polizia. Mi sono fermato proprio in quei posti critici e pericolosi 25 anni fa, che avevo visitato o percorso durante la guerra totale. Devo dire che mi ha colpito molto. Ho visto la gente serena, certamente. Oggi però ho avuto un attimo di titubanza, pensando all’Italia vedendo quello che sta succedendo da noi. L’indifferenza da una parte e la preoccupazione dall’altra parte. Ho parlato con certe persone. Tutto va bene fino a quando non si pestano i piedi fra loro. è un quieto vivere ma ci sono ancora queste differenze. Nei giorni in cui ho effettuato questo viaggio sono stato ospite sia da Mussulmani che da Croati. Sono stati tutti molto osptali. Chiaro che sei lì e ti viene sempre da pensare al tuo paese. Molti di noi non riscono a darsi una definizione ideologica perché non riescono più a capire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. A volte si pensa che la guerra si faccia solo con le armi. Ma in realtà la guerra si fa anche con i gesti e le parole. Avevo desiderio di andare per vedere come si era risolta la questione». Quali erano le motivazioni che l’avevano spinta ad andare a Mostar 25 anni fa? «Ecco, è una cosa che vorrei sottolineare. Trofarello è un paese dove tutti ci si critica ma ha un aspetto molto importante che va fatto emergere. Quando c’è bisogno di creare eventi di solidarietà Trofarello c’è. Con il Circolo delle Famiglie Trofarello era riuscito a portare della solidarietà facendo venire i ragazzi durante l’estate anche grazie al contributo delle famiglie e del Comune. C’erano persone che si davano molto da fare. Abbiamo portato di tutto e di più in modo mirato, consegnando direttamente alle famiglie. In media vestivamo e sfamavamo 10, 15 famiglie per ogni missione. Abbiamo anche portato macchine per la dialisi. Trofarello ha sempre risposto e bisogna darglieme atto. Nelle cose importanti Trofarello ed i trofarellesi ci sono. Forse negli ultimi anni questa tendenza si è affievolita per l’arrivo di cittadini provenienti da altri comuni. C’è una maggiore indifferenza. Ma anche questa non è una regola. Ho fatto il primo viaggio a Mostar nel 1992. L’ultimo viaggio importante è stato nell’agosto 1995 quando facemmo venire a fare le vacanze dei bimbi di Mostar a Trofarello. Ricordo come ieri quel giorno. Scappammo di corsa perché ci dissero che quel giorno ci sarebbe stato l’attacco finale. In questi 25 anni molti hanno mantenuto rapporti di amicizia. Sono cose che ti cambiano la vita e che ti segnano. In modo da parlarne, con un ricordo vivo, 25 anni dopo».

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