Tra Brexit e Megxit, tempo di addii per il Regno Unito

LONDRA – Il divorzio più chiacchierato degli ultimi anni sta per andare in scena. Venerdì 31 gennaio il Regno Unito uscirà ufficialmente dall’Unione Europea e nell’aria si respira ancora profonda incertezza. Dal 1 febbraio si aprirà un periodo di transizione in cui i due ex-coniugi cercheranno di trovare una quadra su circolazione, sicurezza, giustizia, cooperazione, e tutti gli annessi e connessi.
Tempo al tempo, ma nel frattempo? Federica De Marco è una trofarellese che vive a Londra da un po’ di tempo. Laureata in legge, ex collaboratrice di città. Da Trofarello all’Abazia di Westminster per trovare fortuna, oggi a Londra racconta come lei, trofarellese, e altri migliaia di italiani vivono l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
«Vivo a Londra da quasi tre anni, lavoro nel dipartimento marketing di un’azienda internazionale e ho molti colleghi e amici italiani – esordisce Federica – Siamo preoccupati per l’imminente Brexit? Sì e no.
Sì perché la forza e la bellezza di Londra stanno nella sua diversità. La sua anima cosmopolita si respira in ogni quartiere, in ogni ristorante o caffetteria, in ogni persona in cui ci si imbatte in metropolitana, in ogni autista di Uber che racconta la propria storia di immigrato nel breve tempo di un tragitto in auto, in ogni lingua sentita parlare al telefono su un bus per tornare a casa da lavoro. No perché, da un punto di vista burocratico, sono stata costantemente supportata e assistita dall’azienda per la quale lavoro, con tutte le informazioni e le procedure da seguire per garantirmi il mio diritto a risiedere nel territorio: a partire dal 2019 sono stati organizzati incontri e sessioni di domande e risposte con avvocati esperti in diritto di immigrazione, nonché colloqui individuali con rappresentanti del dipartimento Risorse Umane. Il governo britannico ha infatti introdotto una misura amministrativa (EU Settlement Scheme) per consentire a noi cittadini europei di continuare a risiedere nel Regno Unito anche dopo l’uscita dall’UE. Basta scaricare un’app, fornendo una prova di identità e di residenza continuativa nel Regno Unito. Tramite questa procedura, a coloro che risiedono nel Regno Unito da almeno cinque anni, viene riconosciuto il cosiddetto Settled Status, grazie al quale si può fare richiesta per la cittadinanza britannica. Essendo io residente a Londra da meno di cinque anni, ho fatto invece domanda per il Pre-Settled Status che mi consente di rimanere per ulteriori cinque anni ed ottenere poi, eventualmente, il Settled Status. Nonostante (anche) la politica britannica non se la passi così bene ultimamente, devo dare atto della semplicità e della celerità delle procedure burocratiche nel Regno di Sua Maestà: per ottenere il mio status di residente, è bastato scaricare un’app, fornire i documenti richiesti e pagare £65 (ora la procedura è gratuita) che mi sono state rimborsate dal governo dopo poco più di dieci giorni dall’invio della domanda. Da buona italiana sono rimasta spiazzata da cotanta efficienza amministrativa – continua la De Marco – Il bisogno britannico di lavoratori stranieri è evidente e, anche se la nostra permanenza è temporaneamente garantita, questo non vuol dire che non vi siano criticità. È un po’ strana la Brexit vista da qui, sai che c’è ma non sei certo di riuscire a vederla e questo per un semplice motivo, perché Londra non è l’Inghilterra. Dalla data del referendum, Londra ha sempre voluto rimanere.
Qua si tifa “remain”, i turisti non accennano a diminuire, lo skyline è sempre disseminato di gru, i prezzi degli immobili sembrano sempre più sostenuti e nemmeno con un grande sforzo di fantasia si riuscirebbe ad immaginare un inglese fare il cameriere in una catena di ristoranti.
Lavoro ogni giorno a stretto contatto con persone di 17 nazionalità diverse. Ogni aspetto della mia vita quotidiana è caratterizzato dal contatto con la diversità di persone, esperienze, culture. Il bagaglio culturale e professionale che ho sviluppato in questi ultimi anni è il frutto della convivenza con tali diversità. Quello che ho imparato è che diversità e inclusività sono ingredienti fondamentali per il successo tanto di un’azienda quanto della società».

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