Una volta la torre dell’orologio rappresentava il vero potere. La raffigurazione temporale del potere e della ricchezza.
Le famiglie più ricche avevano una meridiana che svettava sulla facciata del palazzotto. E così accanto al potere ecclesiale con il campanile parrocchiale molte volte comparivano le torri civiche con le loro meridiane, o l’orologio comunale. Una competizione che trova la sua rappresentazione cinematografica con la trasposizione in cellulosa della saga del Peppone e don Camillo nazionali di Guareschi.
Ed oggi? Il tempo e l’orologio sono diventati il segno dei tempi. Vale a dire che anche gli orologi, che in tempi d’oro rappresentavano motivo di business, con la creazione di paline sponsorizzate sulle strade più trafficate, oggi non destano più interesse. E così le lancette dei numerosi orologi disseminati in città si sono fermate.
Come dire: senza sponsor anche il tempo si ferma.
E le tre quattro paline con l’orologio sono inermi. Non si muovono, immobili. Nell’attesa di tempi migliori, nell’attesa che il tempo desti nuovamente interesse.
Roberto D’Uva