Il libro che indaga sui colletti bianchi. Presentazione lunedì 19 novembre

Boris Pesce

Boris Pesce

CENTRO – Si presenterà giovedì 19 novembre l’ultima fatica editoriale del trofarellese Boris Pesce. Doppia laurea in filosofia e scienze politiche con un passato da consigliere comunale negli anni 90, oggi Boris lavora al comune di Collegno, occupandosi di laboratori didattici.

Il libro dal titolo “Gli impiegati della Fiat dal  1955 al 1999. Un percorso di memoria” sarà presentato   alle ore 18 presso la sala Nimbo del Centro Culturale Marzanati.

«Contemporaneamente non ho mai smesso di fare ricerca nell’ambito della storia del lavoro e nella storia d’impresa. Ho svolto ricerche presso l’Istoreto, la Fondazione Gramsci, la Fondazione Nocentini di Torino, l’Archivio storico Fiat» commenta Pesce. Ha pubblicato: Gli operai della Nebiolo. Occupazione, profilo sociale, mercato interno del lavoro dal 1920 al 1953 (Neos 2005; premio Mirka Sanlorenzo bandito dall’Istituto Salvemini di Torino); Lavorare alla Nebiolo. Dal boom economico agli anni ’70 (Neos 2008); Colletti bianchi a Torino. Il ceto medio e l’industria privata 1900-1945 (Neos 2010). Pesce ha già un bel bagaglio bibliografico. Come è arrivato a questo  nuovo libro? «Ricorrendo a fonti aziendali e ad una sessantina di interviste a impiegati e dirigenti della Fiat. Il volume indaga una realtà poco conosciuta del grande gruppo torinese a partire dal secondo dopoguerra fino alla fine del ’900. Il ricorso alle testimonianze dirette e alla storia orale rappresenta un metodo efficace per delineare e far emergere la memoria di un gruppo e dinamiche lavorative, e non solo, complesse – continua Pesce – Gli impiegati della Fiat sono stati oggetto di molte definizioni: “Colletti bianchi”, “quadri”, “servi del padrone”, “tecnici”, “signorine”. Ma in realtà poco si sapeva di loro. Ho voluto quindi indagare, avvalendomi di fonti aziendali e di quasi sessanta interviste a impiegati e dirigenti della Fiat, una realtà poco conosciuta del grande gruppo torinese a partire dal secondo dopoguerra fino alla fine del ‘900. Il ricorso alle testimonianze dirette e alla storia orale rappresenta un metodo efficace per delineare e far emergere la memoria di un gruppo e dinamiche lavorative, e non solo, complesse: basti pensare al confronto tra diverse professionalità, alle relazioni sociali nell’ambiente di lavoro, ai rapporti gerarchici, ai rapporti uomini-donne, operai-impiegati, al processo di sindacalizzazione, alle modalità di licenziamento. Il tutto filtrato dall’esperienza soggettiva e dalla percezione, da parte dei protagonisti, del “loro” ambiente di lavoro e dei grandi avvenimenti della società. Il volume poi è arricchito da nove interviste dalle quali emergono tematiche ben precise come le differenze tra generazioni, tra memoria femminile e maschile, tra professionalità, delle “costanti” l’antisindacalismo, la Fiat che protegge i dipendenti, il mito dell’operaio demiurgo, e, infine, la percezione dei mutamenti – l’etica del lavoro, l’approccio verso l’informatica. I racconti delineano una realtà complessa, in parte specchio della vita del ceto medio di allora, ben lontana dall’interpretazione storiografica che riduce gli impiegati allo stereotipo che li vede contrapposti al mondo operaio».