La volpe e il D’Uva

Da qualche tempo sulla scrivania ho una volpe. Un’amica furba che mi aiuta a superare le mie risapute ingenuità. L’altra sera l’ho portata a fare una passeggiata sulla collina. La mia volpe ama cantare alla luna. Brevi versi che fa echeggiare nel silenzio rischiarato solo dalla luce della nostra compagna notturna. All’imbrunire ci siamo trovati su quel sentiero che da Cimavilla, Piazza Duca d’Aosta, porta in Salzea. Sul sentiero, scosceso e mal tenuto, ci siamo imbattuti in due piastre in cemento fatte a forma di semicerchio. Una sorta di anfiteatro romano con annessa gradinata. Il tutto circondato da un panorama mozzafiato con le colline di Pino, Pecetto e Moncalieri come sfondo. Un luogo che verrebbe voglia di dormire all’aperto solo per la tranquillità che la caratterizza.  E la mia volpe ha iniziato con le sue domande che mi portano all’esasperazione. “E perché c’è l’erba alta? E perché il cemento sembra consumato? E perché non viene utilizzato? E perché non viene utilizzato d’estate per farci delle letture di poesia? O dei concertini? E perché nessuno pubblicizza questo posto?” è la solita storia: mi esaspera con le sue domande perché non sa che probabilmente quel posticino fa parte di qualche sistemazione ambientale frutto magari di opere di urbanizzazione di cui ci siamo dimenticati. “Ma una piastra così andrebbe valorizzata, utilizzata, vissuta” mi incalza la mia volpe. Ma che vuoi che ti dica. Se non la usano ci sarà un motivo – gli rispondo – Forse gli abitanti della zona preferiscono così. Perché a Trofarello siamo così, ma forse è una caratteristica del genere umano, senza attribuire meriti al solo trofarellese medio. Quando non abbiamo qualcosa ci disperiamo ma quando abbiamo a disposizione cose così belle come questo angolino di città non sappiamo apprezzarne la bellezza. Vogliamo parlare delle nostre campagne in pianura? “A di quelle sono informatissima” mi ribatte la mia volpe. “Ci sono divanetti interi, bagni e mattonelle, moquettes usate passeggini, seggiolini, sacchi e sacchetti di immondizia. Tutto a cielo aperto sotto la mia luna. Anche se a scaricare tutte queste zozzerie ci vanno quando la luna in cielo non c’è ancora, per approfittare delle tenebre che nascondono i malandrini. Ma dico – continua la mia volpe con la sua solita insolenza – perché  voi umani non usate posti deputati per abbandonare le vostre zozzerie? Noi volpi, per esempio, facciamo la pipì sempre vicino allo stesso albero. Per marcare il territorio. Perché non fate la stessa cosa?” La mia volpe a volte è più ingenua di me. Gli umani non marcano il territorio perché non hanno l’abitudine di rispettarlo, perché forse non lo sentono abbastanza proprio. Ma poi che ne so. Sono mica una volpe io.

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