La solitudine: il prezzo della stanchezza

Da qualche tempo sulla scrivania ho una volpe. Un’amica furba che mi aiuta a superare le mie risapute ingenuità. La mia volpe è un animale solitario. Un animale perfetto per un giornalista perché non richiede di socializzare e se ne sta in disparte senza chiedere di fare una gran vita sociale. L’altro giorno la mia volpe mi ha chiesto come mai i trofarellesi si stiano trasformando in animali asociali. «Ma che dici – le chiedo – cosa ti fa pensare questa cosa?»
«Mi pare banale la mia osservazione. State diventando talmente asociali che non riuscite più a trovarvi fra voi, le vostre associazioni non dialogano fra loro, chiuse dentro le mura delle loro sedi, tanto da vedere, un tempo, più manifestazioni organizzate nello stesso giorno. Ed ora addirittura gettate la spugna davanti a quattro regolette facendo saltare mercatini di Natale, manifestazioni e tutto quello che era strumento di aggregazione. Io sto bene da sola, ma io sono volpe, voi siete umani. Noi per socializzare ci annusiamo il sedere, voi per  socializzare dovete parlare. Il culo lo usate per giocare all’enalotto e alle slot machine. E adesso poi che vi levano anche questo… voglio vedere come farete. Mi sa che siete un po’ stanchi – continua la mia volpe –  mi sa che siete rimasti troppo soli. La stanchezza porta la solitudine. Datevi una mossa, datevi da fare, spremete le meningi per risolvere i vostri problemi, come dite voi umani “fatta la legge trovato l’inganno”, vorrete mica diventare tutte volpi. Volpi si nasce e non si diventa. Ma non siate neanche pecore: rimboccatevi le maniche e trovate una soluzione. E non state soli, la solitudine stanca, se parlate tra voi e mettete i pensieri in comune la soluzione la trovate». Mi sa che la mia volpe anche questa volta ha ragione.

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