Un ponte per Gaza mette in pratica la teoria e ospita una famiglia palestinese

Centro – Inizia oggi, 4 setembre, il breve soggiorno trofarellese della famiglia palestinese Anati (marito, moglie e due figli), ospiti di Paola Paniè e Nadia Gecchele. Un progetto, che prevede tre giorni di permanenza a Trofarello, realizzato per passare dalla teoria ai fatti. «Questa famiglia vive nel campo profughi di Shu Fat. La famiglia Anati vive assieme ad altre famiglie in una condizione di povertà ed indigenza che nessuno di noi non può neppure immaginare.
ll prof. Julini (coordinatore nazionale di Pax Cristi) e l’associazione Mambre di Cuneo, che sono coloro che stanno seguendo tutta l’organizzazione e il programma del viaggio, ci hanno proposto di far parte di questo progranna ospitando per qualche giorno la famiglia Anati – spiega Nadia Gecchele – Abbiamo accolto con entusiasmo questa proposta offrendo di accompagnarli in visita a Torino, al suo centro storico con l’uso dell’autobus elettrico (l’EcoBus), alle sue belle piazze, al mercato di Porta Palazzo, e poi ancora alla Reggia di Venaria, al Parco del Valentino, al Monte dei Capuccini ma lasciando anche qualche spazio per soddisfare eventuali loro richieste.
Un’occasione meravigliosa dove potremo offrire un pochino del nostro
benessere a questa famiglia che, come tante altre, vivono ogni giorno con difficoltà e paure e quando arriva la sera ringraziano con una preghiera per essere ancora insieme, vivi e con una casa tutta intera.
Quello che per noi è normale per loro è eccezionale.
Il nostro parroco Don Sergio, venuto a conoscenza di questa presenza si è reso disponibile ad informare la comunità trofarellese in occasione della celebrazione delle prossime messe ospitando nella Chiesa un paio
di scatole dove è statopossibile depositare oggetti di cui si conosce la necessità (cancelleria varia per i bimbi del villaggio, magliette per i ragazzi, medicinali da banco tipo analgesici, antinfiammatori, ecc..) o più semplicemente una offerta in denaro)». Ma come è nato questo progetto? «Nel mese di giugno abbiamo raccolto l’invito del prof. Julini, consigliere nazionale di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la Pace, di dare ospitalità per un breve periodo (dal 4 al 7 settembre) ad una famiglia palestinese, il dott. Salim Anati con sua moglie e due dei suoi figli, provenienti dal campo profughi di Shu’fat nel centro di Gerusalemme – racconta Paola Paniè – Il campo profughi di Shu’fat è nato grazie all’UNRWA (l’Agenzia dell’ONU per i rifugiati) nel 1966 per accogliere i profughi provenienti da villaggi intorno a Tel Aviv, fra i quali la famiglia Anati, costretti a lasciare le loro case dopo la nascita dello stato di Israele nel 1948. In quegli anni la città vecchia era sotto il controllo del Regno Hashemita (Giordania) ma nel ’67, durante la guerra dei Sei Giorni, passò tutto sotto il controllo di Israele, Cisgiordania, Gerusalemme Est e quindi anche l’area di Shu’fat. Un segno di questo passaggio storico è rappresentato dai nomi delle vie – scritte bianche su sfondo azzurro – sia in arabo che in ebraico, cosa impensabile in ogni altro campo profughi palestinese – continua la Paniè – Quando il campo fu costruito accoglieva 500 famiglie, attualmente secondo l’Unrwa ci vivono 24.000 rifugiati in circa 2 kmq … per comprendere meglio i numeri facciamo un paragone con Trofarello dove vivono 11.000 abitanti in poco più di 12 kmq. Le case, in origine 500, costruite con una misura standard: sette metri per quindici, con l’aumento della popolazione, non potendosi espandere in larghezza, sono cresciute verticalmente per ospitare le nuove generazioni. La particolarità del campo profughi di Shu’fat è che si trova dentro i confini di Gerusalemme, ma è separato dal resto della città dal Muro di separazione, alto 9 metri, costruito nel 2003.
Nonostante il degrado ambientale e l’indifferenza della municipalità israeliana, ogni mattina gli abitanti del campo tentano di uscire per motivi di studio, di lavoro, di salute o semplicemente per andare a trovare parenti o amici ma i loro spostamenti sono fortemente limitati o addirittura impediti dalla presenza di un check point fisso verso Gerusalemme, cui si accede con un documento speciale, e dai check point sul versante della Cisgiordania. Il tasso di disoccupazione rasenta il 70%, le aule delle scuole dell’obbligo sono sovraffollate e i dati Unicef segnalano la presenza di un terzo di minori affetti da malnutrizione. Inoltre nel campo si segnala un’alta incidenza di patologie intestinali e respiratorie dovute alla scarsa qualità dell’acqua e ai problemi di smaltimento dell’immondizia. Spesso infatti, agli angoli delle strade si incontrano grossi cumuli di spazzatura che nessuno raccoglie, qualcuno a volte appicca il fuoco alle discariche a cielo aperto e un odore pestilenziale si diffonde nell’aria. Per creare un pò di normalità nel campo e favorire l’aggregazione, l’Unrwa ha istituito un comitato popolare, ha costruito 3 scuole, un centro per le donne, uno per i giovani, uno per i bimbi e un centro per la riabilitazione… purtroppo però a settembre del 2018 l’amministrazione USA ha deciso di tagliare i fondi all’Unrwa e col tempo molti servizi non potranno più essere garantiti.
Questa breve panoramica della situazione nel campo profughi di Shu’fat nella speranza che i cittadini di Trofarello possano aiutarci a sostenere a distanza una realtà piuttosto complicata che, al di là dei problemi politici che perseverano da decenni e tuttora irrisolti, necessita di un supporto morale e materiale da parte dell’intera comunità.
Abbiamo fatto una raccolta di medicinali da banco, canceleria, magliette per i bambini/ragazzi del campo e denaro per l’acquisto di generi alimentari di prima necessità – conclude la Panié – Per maggiori informazioni potrete contattarci all’indirizzo e-mail unpontepergaza@gmail.com o al numero telefonico 333 2644919».

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