Pesce piccolo contro pesce grande Il commercio locale resiste al mercato global

CENTRO – Pesce grande mangia pesce piccolo. È questa la cornice concettuale che il mondo globalizzato ha costruito intorno alle nostre vite. È questa la lente da cui siamo ormai abituati a guardare i fenomeni economici, politici e sociali. Chi è piccolo sembra avere il destino segnato. Lo sanno bene i commercianti e i negozianti delle piccole città, che in questi anni hanno dovuto sopportare e stanno sopportando, non solo il peso di una crisi economica che ancora fa sentire i suoi strascichi (a distanza di una decina d’anni), ma anche di altri fenomeni (grande distribuzione e web in primis), che mettono a dura prova la sopravvivenza del commercio al dettaglio. Con Città si è deciso di condurre una piccola inchiesta per capire più da vicino questo fenomeno, intervistando alcuni esercenti commerciali di Trofarello, al fine comprendere cosa si possa fare, per non abbandonare al loro destino questi “eroi dell’economia” di fronte al mondo della “McDonaldizzazione” e del “supermercato”.

Monica Turra

I negozi intervistati: Ottica Matteotti (da 26 anni a Trofarello), Muttoni gioielli (dal 1976), Andrea Fiori (dal 1993 a Trofarello, da 14 anni in via Roma), Gioielleria Sommacal (17 anni), Essemme Fotografia-Grafica-Pubblicità (da poco meno di 2 anni a Trofarello) e Panificio Castellani (negozio con una storia di più di 50 anni, da 8 gestito da Jessica Perinetto). Sicuramente un numero esiguo rispetto alla molteplicità di attività sparse per la città, ma comunque sufficiente per capire alcune dinamiche e difficoltà comuni.
Infatti, quando si tratta di descrivere il cambiamento degli affari nel tempo e le attuali difficoltà, c’è un consenso quasi unanime su due aspetti principali: il primo è l’influenza della grande distribuzione.

Salvatore Cutrono

Salvatore Cutrono (Ottica Matteotti) esprime così la situazione: «Negli ultimi dieci anni il commercio è cambiato per effetto della proliferazione dei grandi centri commerciali. Qui la gente non compra più. Rimangono aperti i negozi storici dove la gente compra ogni tanto, ma tutte quelle attività di cui ci si serviva per la spesa di tutti i giorni hanno chiuso». Non si discosta di molto l’opinione di Alessandro Muttoni: «La grande distribuzione non aiuta per gli orari, per gli sconti che fanno, per la quantità di merce che possono avere, visto l’elevato passaggio di gente. Il bacino d’utenza si restringe per noi sempre di più».

Jessica Perinetto

Anche Jessica Perinetto (Panificio Castellani) è dello stesso parere, però aggiunge una considerazione che differenzia il negozio dal supermercato: «La grande distribuzione ha influito tanto per le piccole attività, primo per il tempo, perché molte persone, uscendo da lavorare, vanno al supermercato e acquistano tutto lì, per una questione di praticità. E secondo, per i costi, perché a volte al supermercato trovi prezzi stracciati. Ciò che però differenzia il negozio dalla grande distribuzione è il contatto umano. Perché io sfido chiunque a trovarsi meglio da questo punto di vista al centro commerciale, dove sei un numero e l’obiettivo è battere cassa, rispetto al piccolo negozietto dove puoi scambiare due parole, scegliere un prodotto di qualità, informarti sul tipo di prodotto e sulla materia prima». C’è poi chi la concorrenza della grande distribuzione non la percepisce. È il caso di Essemme. Monica Turra racconta che «la grande distribuzione non la sentiamo, anche perché il nostro è un prodotto di nicchia, nel senso che è tutta roba personalizzata e nella grande distribuzione non la trovi. Non abbiamo concorrenza dal supermercato perché il nostro prodotto è strettamente legato alle esigenze del cliente».

Sergio Sommacal

Il secondo aspetto rilevante è l’avvento del commercio online. Il più critico da questo punto di vista sembra essere Sergio Sommacal (Gioielleria Sommacal): «Con l’avvento di Amazon, Gioia Pura e tutte quelle cavolate lì, la vendita di orologi per esempio si è inchiodata: i clienti arrivano solo per farsi accorciare il cinturino, oppure per vedere il modello dal vivo e poi acquistarlo in rete perché più economico. La spesa, da questo punto di vista, si è abbassata molto. All’inizio una persona spendeva anche cento, centocinquanta, duecento euro, adesso spende dieci, quindici, venti euro. Compra tutta roba da bigiotteria: ci siamo trasformati in ferramenta! La grande distribuzione ha colpito, ma se non altro è qualcosa di palpabile, invece dove proprio non puoi combattere ad armi pari è il web. Lì non c’è storia. Abbiamo provato a metterci nel web, ma per noi commercianti questo vuol dire aprire un secondo negozio a tutti gli effetti. E, se non hai la varietà degli articoli che possono avere Gioia pura o Amazon, non puoi competere, quindi il tuo investimento vale zero».

E quando si parla di commercio è sicuramente il caso di menzionare il rapporto con l’amministrazione. Nei piccoli centri abitati è necessario che le istituzioni collaborino affinché ci sia il giusto “humus” su cui coltivare buone relazioni commerciali, sia tra negozio e cliente, sia tra i negozi stessi. In questo ambito non tutte le opinioni vanno nello stesso verso. Alessandro Muttoni non ha dubbi: «No comment! – risponde alla domanda relativa al supporto che i commercianti ricevono dall’amministrazione – Penso che ti risponderemo tutti allo stesso modo, non ci sentiamo seguiti. Trofarello sta passando un periodo di abbandono. A livello di gestione non viene seguita. E tutto si rifà sul commercio e sulla collaborazione tra la giunta comunale e i commercianti, che è pressoché inesistente. Ripeto, penso che qualunque commerciante di Trofarello ti risponderà allo stesso modo, e mi auguro che sia così. Non vedo apertura da parte loro per venirci incontro. Non si sa mai con anticipo quello che faranno, ma sempre all’ultimo. E poi comunque Trofarello è trasandata. Noi viviamo col pubblico e sentiamo le lamentele del cittadino, sono tutte rivolte in quella direzione. Purtroppo! Perché, secondo me, la nostra città avrebbe una potenzialità molto alta se venisse sfruttata bene e se ci fosse collaborazione, tra di noi, ma anche con il Comune». Un po’ più morbida è la versione di Sergio Sommacal: «Da quando sono qui posso dire che all’inizio hanno fatto abbastanza, perché vedi i marciapiedi, le fognature, non si può dire che non si sia fatto nulla. Adesso, negli ultimi due anni, si sono un po’ seduti: guarda le foglie per terra per esempio. Prima c’era una manutenzione un po’ più curata della città».

Alessandro Muttoni

Sullo stesso argomento, abbiamo anche chiesto se fosse auspicabile avere un’associazione commercianti e di fornire alcune considerazioni sulle iniziative organizzate per stimolare il commercio. Francesca Oddenino (Andrea Fiori) si esprime così: «Noi non sappiamo mai niente, non facciamo parte del paese. Per esempio, dei mercatini di Natale del 7 e 8 dicembre io non ho saputo nulla fino all’ultimo: rimaniamo sempre esclusi. Non esiste un’associazione commercianti, nonostante ci sia stata per qualche periodo. Si facevano delle riunioni, ma non andavano mai a buon fine. Per noi comunque non è così facile pensare di partecipare attivamente, dal momento che sei qui incastrato nel tuo negozio. È difficile trovare qualcuno che abbia il tempo e la voglia di comunicare con l’amministrazione. Sarebbe comunque carino avere dei volantini, un maggior passaparola per conoscere gli eventi che si organizzano a Trofarello». Anche Alessandro Muttoni rimane scettico all’idea: «L’associazione commercianti c’era, poi per “enne” motivi si è sciolta, ma non è che servisse molto al fine di collaborare o per essere più presenti e considerati da parte dell’amministrazione». C’è invece chi, rimproverando l’assenza di un’associazione e di maggiori iniziative per stimolare il commercio, sottolinea però che la responsabilità non è del Comune. Sergio Sommacal sostiene: «Non c’è un’associazione, nonostante ci avessero provato. Ma i commercianti sono delle teste …(bip!)… e non c’è stato il seguito. Perché uno dice “no” l’altro dice “no”, l’altro il sabato non vuole aprire e via dicendo. D’estate, siccome qui c’è Flipét, si potrebbe tenere aperto almeno il venerdì fino alle 11 o 11,30. Però non c’è collaborazione da parte degli altri commercianti. Se tengo aperto solo io, non viene nessuno: dovrebbe essere una cosa fatta tra tutti e magari essere sponsorizzata». Anche Monica Turra si inserisce in questo filone di pensiero. «Sicuramente più eventi si creano più si crea movimento sul territorio. La Notte Bianca per noi è stata un successo e ora i mercatini di Natale fanno comunque ben sperare. Quindi, perché no l’associazione commercianti? Il problema è che noi, quando siamo stati alla riunione per la Notte bianca, abbiamo pensato, non per colpa dell’amministrazione ma per colpa dei commercianti, che questa cosa non si farà mai. Quando tu parti dicendo che tanto farà tutto schifo è inutile sbattersi per organizzare le cose. Non è che la Notte bianca funziona se il Comune la organizza o non la organizza. La Notte bianca funziona se tu commerciante ci metti del tuo. La cosa viene fatta per te, mica per il Comune! Sei tu che quella sera devi dar vita a qualcosa di interessante. Se non hai idee e quindi la cosa non ti riesce bene non puoi incolpare gli altri, perché così siamo al “piove governo ladro”. Ognuno si prenda la sue colpe e responsabilità!». Anche Jessica Perinetto sottolinea il fatto che «un’associazione commercianti potrebbe servire anche solo per trovarsi ogni tanto e magari sviluppare nuove idee o confrontarsi. È una cosa che manca e che sarebbe carino che ci fosse. Per stimolare il commercio nel nostro piccolo bisogna sempre cercare di soddisfare il cliente dando quel servizio in più, quella novità, e per fare questo è necessario collaborare».
Insomma, ognuno con le sue idee e le sue necessità, ma tutti con grande voglia di non arrendersi alle contingenze. Le conclusioni, però, sono di varia natura, in alcuni casi più ottimistiche in altri meno. Salvatore Cutrono sembra essere il più rassegnato: «Secondo me per i paesi c’è poco da fare. Fin quando continuano ad aprire centri commerciali, dove la gente si riversa di giorno, di sera, di notte e adesso anche la domenica, ci sarà sempre meno gente che viene nei paesi. Poi quelle del “dover tenere aperti la domenica o addirittura la notte, se no la gente cosa fa?” sono tutte scuse. Cosa devono fare allora i negozi che chiudono? Con i dipendenti che stanno a casa. Noi non contiamo più nulla!». Alessandro Muttoni, invece, conclude: «Il commercio è cambiato molto, la crisi ha portato a un abbassamento del giro d’affari. È stato un momento impegnativo. Avere un’attività commerciale è un sacrificio, devi fare molta attenzione a tante cose. Segni di ripresa? Non te lo so dire, non riesco a capirlo, a volte sembra, a volte no. Dipende. Il mercato è particolare: noi trattiamo un articolo che non è il pane è lo sfizio. In ogni caso, se i negozi chiudono è anche perché la gente non è invogliata a stare a Trofarello». Francesca Oddenino è serena nelle sue conclusioni: «L’attività è cambiata perché il Paese si è moltiplicato. In 26 anni che siamo qui è cambiato tutto. Noi lavoriamo tantissimo. Ci fosse solo un po’ più possibilità di parcheggio e un po’ più di occasioni per promuovere il commercio sarebbe meglio, ma non ci possiamo lamentare». E lo stesso vale per Monica Turra: «Noi qui non ci possiamo lamentare assolutamente, anche perché cerchiamo di plasmarci sulla richiesta del mercato. Andiamo incontro alle esigenze del cliente e cerchiamo di risolvergli il problema. Perciò, considerando anche il fatto che ci amplieremo, sicuramente non possiamo lamentarci di come è stata recepita l’attività sul territorio». Meno ottimista è invece Sergio Sommacal: «Non sappiamo se per il prossimo anno saremo ancora aperti. Il nostro è un settore comunque a rischio. Abbiamo subito diversi furti, non con rapina fortunatamente, ma furti con destrezza, però intanto sono botte da 15/20 mila euro. Il futuro è un’incognita».

Infine, Jessica Perinetto mette in luce un aspetto uscito poco tra gli altri negozianti: «Ognuno nel proprio piccolo può fare tanto, poi però sta al cliente». Quel cliente che ha davvero una parte di responsabilità enorme nel contribuire alla sopravvivenza di questi piccoli negozi dai grandi sacrifici, che sono sempre presenti e vicini a noi, ma di cui forse noi abbiamo poca cura.
In definitiva: pesce grande mangia pesce piccolo? Dipende. Se pesce piccolo pretende di nuotare veloce e da solo, allora sì. Se invece decide di rimanere compatto e nuotare col gruppo, anche andando più lentamente, allora sicuramente arriverà più lontano.

Davide Lucchetta

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