Trofarellesi e Unità d’Italia

Le indagini dell’ex sindaco Gian Franco Visca

CENTRO – L’archivio comunale rappresenta un ineguagliabile fonte di notizie per la storia della città. Un assiduo frequentatore dell’Archivio, che ha anche investito molte energie per la sistemazione dei locali e la catalogazione dei documenti comunali, è l’ex sindaco Gianfranco Visca che ancora ne frequenta i locali per proprio interesse personale oggi che non è più amministratore. Visca ci racconta cosa ha scoperto? «Certo. Nel corso delle ricerche sui componenti della mia famiglia ho avuto occasione di intercettare un grande ed importante elenco dettagliato di coloro i quali hanno partecipato agli eventi che hanno portato all’Unità d’Italia.
Allora ho pensato: perché non conoscere quello che è stato l’impegno dei trofarellesi per raggiungere questa meta? Non è stata una ricerca facile ed è oltretutto ancora incompleta, voglio però incominciare a condividere ciò che sono riuscito a reperire negli archivi – esordisce Visca – Non è assolutamente il caso di fare lezioni di storia, l’abbiamo tutti ampiamente studiata durante i nostri percorsi scolastici, ma il coinvolgimento di due miei avi, il mio bisnonno ed un suo fratello più grande, mi ha indotto a percorrere questa via.
Il periodo che ho preso in considerazione è dalla prima guerra di indipendenza alla presa di Roma. I trofarellesi che hanno partecipato alle varie campagne sono stati novantasette, precisamente:
1848/49 – Prima guerra di indipendenza: 31 Soldati, 2 Caporali, 1 Sergente, 1 Tenente.
1855/56 – Corpo di spedizione in Crimea: 8 Soldati, 1 Caporale, 1 Sergente.
1859 – Battaglia di Solferino e S. Martino: 15 Soldati, 5 Caporali, 2 Sergenti, 1 Sottotenente, 1Tenente.
1860/61 – Campagna della Bassa Italia: 8 Soldati, 1 Sergente, 1 Tenente.
1866 – Battaglia di Custoza: 22 Soldati, 3 Caporali, 4 Sergenti, 1 Ufficiale Medico.
1870 – Presa di Roma: 2 Soldati, 1 Caporale, 1 Tenente.
Se vengono eseguite le somme dei partecipanti alle varie campagne certamente i totali non collimano perché alcuni uomini hanno partecipato a più campagne. Dalla ricerca risulta che alcuni di essi hanno partecipato anche a tre campagne, in special modo gli ufficiali. Sono state assegnate le seguenti decorazioni e onorificenze: 1 Medaglia d’Argento al Valor Militare per la campagna Della Bassa Italia, 1 Medaglia di Bronzo al Valor Militare per la battaglia di Custoza, una Menzione Onorevole per la presa della Rocca di Spoleto. Quelli elencati qui possono sembrare freddi numeri ma dietro ognuno di essi c’è un nome, una persona, una storia. Conosco i loro nomi. Nomi che non comunico per rispetto verso le famiglie che sono ancora in gran parte presenti a Trofarello. I nomi di ogni singolo militare, dei loro numeri di matricola. Nella ricerca sono colpito dal fatto che un trofarellese ha combattuto la battaglia di Custoza con il mio bisnonno nel 21° Reggimento Fanteria Cremona. Chissà se fu quel probabile incontro fra commilitoni ad indurlo tanti anni dopo a trasferirsi da queste parti. Ciò che mi manca è l’accesso ai loro fogli matricolari nei quali è registrato puntualmente ciò che è loro accaduto durante il periodo sotto le armi, ne ancora conosco quanti di loro sono tornati alla famiglia o sono rimasti sul campo di battaglia
– continua a raccontare l’ex sindaco Visca – E tra tutte le Campagne e battaglie elencate quella che più mi colpisce è San Martino e Solferino. Fu una carneficina. Oltre al numero dei morti da entrambe le parti, che ho già citato, impressionante è il numero dei feriti che furono in totale più di 23.000 le cui ferite erano particolarmente gravi; moltissimi di questi uomini addirittura erano amputati. A causare questi enormi danni furono le diverse strategie di guerra che fecero sì che i combattimenti furono svolti per lo più a colpi di cannone piuttosto che nei consueti scambi di colpi di fucile e combattimenti corpo a corpo, scelta dovuta ai progressi nella artiglieria.
Su questo tragico scenario si trovò, in cerca di un colloquio con Napoleone III per risolvere i propri problemi finanziari, un giovane ed indebitato uomo d’affari svizzero: Jean Henry Dunant.
Il colloquio con Napoleone III nel suo quartier generale gli fu rifiutato data la situazione in quanto l’imperatore francese era vincitore di misura sull’Austria, ma ancora seriamente minacciato dalla potenza prussiana.
Nel suo peregrinare si trovò a Castiglione delle Stiviere, a ovest di Solferino, dove era stato allestito l’ospedale da campo per i feriti dello schieramento franco-piemontese, Dunant vide palesarsi sotto i suoi occhi il più inatteso e terribile degli spettacoli: centinaia, migliaia di soldati, venivano ricondotti dal campo di battaglia con ferite terribili, spesso privi di braccia o gambe, per poi essere abbandonati a se stessi, non essendoci medici e infermieri per prestare loro le prime cure. A darsi da fare parevano essere solo le donne del paese, animate dal parroco don Lorenzo Barziza. Dunant, fervente calvinista, si mise a cercare uomini e donne che lo aiutassero a fornire ai feriti acqua, cibo e bende, fece aprire le chiese per alloggiarli, si spinse di persona sui campi di battaglia per raccogliere altri feriti. Sconvolto dall’esperienza fatta, raccontò poi tutto questo in un libro, “Souvenir de Solferino”, stampato in 1600 copie nel novembre 1862, presto divenuto un besteseller internazionale, tradotto in venti lingue. Nacque così il progetto di formare squadre di infermieri volontari che potessero soccorrere i feriti sui campi di battaglia, secondo un criterio di assoluta imparzialità. Un’idea che s’impose subito: già dal 1863 cominciarono a nascere le prime società nazionali della Croce Rossa. Nel giugno 1864 nasceva a Milano il primo comitato italiano, e nell’agosto successivo veniva firmata la prima Convenzione di Ginevra, che sanciva la neutralità delle strutture della Croce Rossa e del personale sanitario impiegato, medici e infermieri».

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