Editoriale – Nuove povertà vecchia indifferenza

D'Uva EditorialeNUOVE POVERTÀ, VECCHI PROBLEMI. QUANDO ERO UN BAMBINO, IL SABATO MATTINA UNA VOLTA AL MESE I MIEI GENITORI MI PORTAVANO AI MERCATI GENERALI, QUELLI UTILIZZATI PER IL VILLAGGIO OLIMPICO ED OGGI DIVENTATI UN ENORME SUPERMERCATO DOPO ESSERE STATI ABBANDONATI DAL 2006 PER QUALCHE ANNO. Ricordo come se fosse ieri anziani che, intorno a mezzogiorno, rovistavano tra la merce abbandonata negli angoli in cerca di qualche arancia ammaccata, di qualche cespo di insalata con le foglie andate a male, insomma in cerca di qualcosa da portare a casa. È stato il mio primo approccio con la povertà.

Saranno trascorsi non meno di 35 anni e nella mia memoria è ancora un ricordo vivissimo. Sono passati tanti anni e tutto è cambiato. La gente ha più soldi in tasca, frequenta i centri commerciali alla ricerca dell’ultimo telefonino, del televisore 3D ed anche quelle immagini di povertà sono mutate. Per esigenze lavorative, frequento il mercato all’aperto più grande d’Europa, il mercato di Porta Palazzo, Il centro, il fulcro della Torino di una volta. Uno spaccato di vita che mi ha allargato la mente. Li ho potuto notare che quelle immagini da bambino sono sensibilemente cambiate. Perché oggi non sono più solo gli anziani a frugare tra le cassette abbandonate per i camion dell’Amiat che puliranno nel pomeriggio il piazzale. Oggi ci sono mamme di famiglia, che col carrellino ricercano tra i rifiuti. Giovani che con un apposito gancio rovistano nei bidoni dell’immondizia.

Ecco cosa è cambiato. Le fasce deboli sono sempre più folte. Sempre più affamate.

L’altro giorno una ragazza con una lunga chioma castana ha incrociato il mio sguardo. Aveva appena raccolto due bei cespi di insalata da un cumulo di verdura abbandonata sul marciapiede. Mi ha sorriso con una tenerezza infinita e mi ha detto: «Ho perso il lavoro, sono contabile, ma la mia ditta ha chiuso». Mi sono sentito a disagio per aver fatto cadere il mio sguardo su quella ragazza. Le ho risposto «Non deve mica giustificarsi». Lei ha inforcato la bici e se ne è andata.

Lunedì sera l’Unione dei comuni, l’Ente che dovrebbe curarsi delle persone svantaggiate, ha deliberato la soppressione dei servizi ad una ventina di famiglie che direttamente o indirettamente ne usufruiscono. Si è voltata dall’altra parte. Ha inforcato la bici e ne è andato per la sua strada. Il mondo cambia, evolve, cresce ma la povertà e l’indifferenza restano sempre al palo.

Ma non eravamo uno Stato Sociale?

Roberto D’Uva 

Città Day 2014